In occasione del suo sessantanovesimo compleanno, Renato Zero, uno degli artisti italiani più rivoluzionari di sempre, ha festeggiato a Roma con la stampa e i fan l’uscita del suo nuovo album di inediti Zero il Folle. Con oltre 50 anni di carriera alle spalle e più di 500 canzoni e 45 milioni di dischi venduti, Zero continua a stupire e a rinnovarsi perché «folle è chi sogna, chi è libero, chi provoca, chi cambia. Folle è chi non si vergogna mai e osa sempre, per rendere eterna la giovinezza».
Come nasce Renato Zero il tuo nuovo album Zero il Folle?
«È un progetto di totale umiltà e onestà, frutto di una collaborazione con dei grandi maestri come Trevor Horn, Alan Clark e Phil Palmer, che mi hanno fatto tornare nella mia amata Londra. I miei brani hanno smosso un po’ di coscienze e ringrazio il pubblico perché la sua fedeltà mi ha permesso di non allontanarmi mai dalla passione per questo mestiere e di considerare le mie canzoni, anche quelle meno fortunate, parte della mia vita».
«Una “convivenza” complicata»
In te c’è più Renato, l’uomo, o Zero, il folle?
«Non è facile far convivere Renato e Zero. Quest’ultimo è piuttosto invadente. Devo tutto a lui: ho appena compiuto 69 anni e voglio festeggiare Zero per avermi “posseduto” all’età di 15 anni, per avermi tolto dalla nullatenenza e dalla noia ma, soprattutto, per avermi spinto a cambiare le cose. E poi ormai dormiamo sotto lo stesso tetto e usiamo lo stesso rasoio (ride)».
In che cosa ritieni di aver cambiato la musica e il costume italiano?
«Credo di non poter essere io a stabilirlo. Le mie canzoni sono arrivate al pubblico e il pubblico le ha fatte proprie. Io non ho cercato di dare risposte, ma ho sempre voluto che le persone si ponessero delle domande. D’altronde è proprio questo l’obiettivo di un artista: quello di scuotere le coscienze».
Sei cambiato rispetto agli inizi della tua carriera?
«La naftalina conserva gli abiti, ma non le persone. I miei vizi e i miei pregi vogliono palesarsi sempre, non sono mai stati silenziati dal successo. Se mi guardo indietro penso a quanto le piume di struzzo e le paillettes mi abbiano permesso di essere ciò che sono, salvandomi da un’esistenza grigia e rassegnata».
«Non sarò mai un conservatore»
Sei più conservatore rispetto al passato?
«Non sarà mai possibile (ride). Io ho cominciato presto a imparare a nuotare, ma ho avuto sempre bisogno di una spinta. Quella, ancora oggi, viene proprio da Zero, con tutta la sua stravaganza».
Nel brano Mai più da soli canti l’alienazione da troppa tecnologia.
«È come se ci fosse una sorta di propaganda che spinge ognuno di noi a esporre la propria fisicità. Sembra che non contino più nulla i sentimenti, la simpatia o magari quei piccoli difetti fisici che però ti contraddistinguono come persona, rendendoti unico. Si sta arrivando a una competizione insana il cui unico obiettivo sembra essere quello di assomigliare ai personaggi famosi sui social».
In molti pezzi del disco fai riferimento alla questione ambientale.
«L’ecologia è il nostro respiro e nutrimento. A volte ho paura quando alzo il mio sguardo perché non trovo quello che osservavo quando ho scritto II cielo. Era un cielo diverso: una volta anche i temporali erano sorridenti. Oggi non più».
Che cosa pensi di Greta Thunberg?
«Spesso gli adulti dicono solo cretinate e quindi non trovo scandaloso che
una ragazzina si permetta di alzare il dito per dire che non vuole morire intossicata e che desidera un mondo più pulito e sano dove crescere. Dovremmo pensare un po’ di più alla nostra coscienza e non giudicare quello che c’è davanti a noi».
«Il problema delle poche nascite»
Ne La culla è vuota affronti il tema del basso tasso di natalità.
«Come soluzione non auspico, naturalmente, una catena di montaggio. Procreare è un modo per garantirsi una continuità che avviene soprattutto con la buona tutela che i genitori hanno nei confronti dei figli e non mettendoli al mondo per poi abbandonarli al loro destino. Provengo da una famiglia numerosa, davvero straordinaria: avendo questo esempio cosi bello ho agito di conseguenza e ho adottato Roberto, che mi ha dato la gioia di diventare nonno per ben due volte».
Come ti poni nei confronti dell’aborto Renato Zero?
«Esistono alcune specifiche situazioni in cui non mi sento di puntare il dito contro le donne che scelgono di abortire, per esempio nei casi di violenza sessuale. Condanno fortemente, invece, l’aborto come metodo anticoncezionale che supplisce alla .mancanza dell’utilizzo del preservativo o della spirale».
Quante volte hai détto “ti amo”?
«Dico ti amo tutti i giorni della mia vita, continuamente. Spesso, se non si ha il coraggio di dirlo, la gente sfiorisce».
Articolo tratto da Vero
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