Faccia pulita, sguardo acuto, toni amichevoli. Con quella pacatezza allegra, diventata un marchio di fabbrica, Amadeus, all’anagra-fe Amedeo Sebastiani da Ravenna, mi risponde alla vigilia dell’ultimo casting di voci per il suo nuovo programma.
Ciao, Amedeo. Grande stagione alle spalle…
«Bella e intensa. Non mi fermo da tanto. Soliti Ignoti, Reazione a catena, Stasera tutto è possibile. E poi Capodanno e la Lotteria Italia. Diciamo che ora ho voglia d’estate».
Vacanze dove?
«Ancora non lo so. Non ho case al mare e decido sempre all’ultimo momento».
Ma sei un tipo da spiaggia o da scoglio?
«Da spiaggia. Al mare cerco fisicamente la sabbia».
“Devi farti trovare sempre pronto”
Riportiamo la palla in campo. Chi semina raccoglie…
«Vero. Credo che il mio lavoro sia come quello del calciatore: ti devi sempre far trovare pronto. Se lo sei. alla fine giochi e puoi fare anche goal».
Ne hai fatti, eccome. Per il pubblico sei un beniamino.
«Credo che la gente, in me, prima dell’artista veda la persona. Un uomo nonnaie che porta allegria nelle case. Uno che onora il lavoro, senza dover ricorrere a una foto in un locale “in” per tare notizia».
Insomma, uno della porta accanto?
«Diciamo un presentatore-coinquilino».
Che si diverte a fare le cose che fa…
«È cosi. Ma sempre convinto di quello che faccio».
Spiegati meglio…
«Quando scelgo il programma da fare, non delego il rischio e me lo assumo in prima persona».
E da cosa ti fai guidare?
«Dalla pancia. Un format deve emozionarmi. Come un libro: se dopo le prime dieci pagine non mi piace, chiudo».
Ma un tuo gruppo d’ascolto ce l’hai?
«Guardo tutto con Giovanna e José (la moglie e il figlio, ndr) e, quando non c’è niente da vedere, racconto a entrambi il programma. Gio’ guarda molta più Tv di me e il suo parere è fondamentale. E se anche José si diverte, allora vuol dire che il prodotto è giusto».
Insomma, se gira è bene buttarsi. Come dire: “Ora o mai più”…
«Quello è il titolo del mio prossimo show, in onda a fine maggio su Raiuno»,
Come sarà?
«A otto cantanti, anche di successo, verrà offerta l’occasione di rimettersi in gioco, ognuno assistito da un coach. Si sfideranno a colpi di canzoni. anche duetti, e ogni sera ne verrà eliminato uno».
Con tanto di classifica da ultimo a primo e gli eliminati che vanno a casa?
«Senza meno. Sarà un treno che passa una sola volta: vincere o uscire».
Amadeus Roba da duri. E magari con orchestra dal vivo?
«Con orchestra live in diretta, talk e scontri a viso aperto».
Quale sarà la regola per te?
«Nessuna ipocrisia. Libertà per tutti e asticella altissima».
E a condurre sarai da solo o accompagnato Amadeus?
«Da solo. In Tv non amo la coppia».
In fondo lo dice la tua storia. A proposito, mi dici tre titoli di programmi senza i quali non saresti diventato Amadeus?
«Festivalbar, L’Eredità e Soliti Ignoti».
Torniamo su quei passi. Festivalbar, 5 anni straordinari.
«Fu la “prima volta” e non si scorda mai. Fu l’inizio vero di tutto».
Poi L’Eredità, che fa rima con maturità.
«Quello è stato il riconoscimento del grande pubblico, una scommessa vinta. Ricordo che il direttore dell’epoca, Fabrizio Del Noce, mi disse: “Scegli un prodotto forte”. Mi fecero vedere la versione che davano in Argentina. Bella, ma freddina. La adattammo e ce la cucimmo addosso. Funzionò e ancora funziona. Mi divertivo tanto».
Amadeus anche Fabrizio Frizzi la amava…
«Giusto ricordarlo. Perderlo è stata una mazzata per tutti. È come un compagno di classe che non c’è più. Ti guardi intorno e trovi il banco vuoto. Ripensi a tante cose e all’incredibile forza che ha avuto. Sovrumano».
In onda fino all’ultimo…
«Magari per aggrapparsi alla vita. Quando si accendeva la telecamera, per lui si accendeva la vita. E quella conduzione era la sua cura. Non chiudersi mai. Una lezione per tutti».
Torniamo sulla tua strada: parlavi dei Soliti Ignoti…
«Volevo fare a tutti i costi un “access time”. Credo che la prima serata vera cominci da li. Si veniva da Affari tuoi e volevo qualcosa tagliato per me. Cinque milioni di persone tutte le sere sono la conferma migliore di averci visto giusto».
«Sono un fan di Cattelan»
Non mi dimenticherai Reazione a catena…
«No, ma avevo solo tre titoli a disposizione. Scherzo! Reazione a catena è stato come un riscatto e la conferma di quanto sia importante per me il “quotidiano”. Se ci sono le prime serate, bene. Se non arrivano, non fa nulla. L’importante è entrare nelle case della gente tutti i giorni. E finché il pubblico farà il tifo per me, beh, io non mi tirerò indietro».
Ma di nuovi fuoriclasse ne vedi oppure no all’orizzonte?
«Mi piace Alessandro Cattelan e non per il naso o perché è interista come me».
E per cosa allora?
«Perché ha una marcia in più. Pensa, non ci conosciamo nemmeno, ma a pelle lo vedo pronto per la generalista. Con il programma giusto farebbe bene. Giovane e deciso».
Dimmi di tua figlia Alice…
«Vent’anni, universitaria e gira l’Europa. Un portento».
E il piccolo José?
«Nove anni, portierino dei giovani della Roma. Gli parli di calcio e ti dice: “Papà, non importa la squadra, basta che sia di serie A”».
Tratto da Vero.
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