Ha inaugurato la stagione del Teatro Sistina di Roma con il musical End of thè Rainbow portando in scena il mito di Judy Garland. Monica Guerritore è stata la grande protagonista dello spettacolo diretto da Juan Diego Puerta Lopez. L’attrice romana ci racconta le emozioni che ha provato nel calarsi nei panni di un’artista così tormentata, di una donna per la quale “essere una star è stato facile, vivere è stato difficile”. La Guerritore, che porterà in tournée il musical e uno spettacolo tratto da un celebre film di Woody Alien, ha invece detto “no” alla prossima stagione di una nota fiction. Ecco le sue ragioni.
Monica, per quale motivo hai deciso di lasciare Non uccidere?
«I personaggi della lunga serialità hanno bisogno di crescere e per farlo devono essere accompagnati dall’interprete. Non da un estraneo che si mette a scrivere. La mia Lucia era una madre assassina che ha ucciso il padre di sua figlia e aveva bisogno delle corde dell’interprete per poter essere raccontata al meglio in altri dodici episodi. Volevo contribuire alla sua costruzione, come succede sempre. Come fanno, ad esempio. Robin Wright o Kevin Spacey. Tutti gli artisti partecipano alla costruzione del personaggio perché il personaggio cresce dentro di loro. A me questa opportunità è stata negata. Questo succede solo in Italia. Non c’è nessun rispetto per gli interpreti».
Secondo te come mai gli ascolti della prima stagione della serie andata in onda su Raitre non sono stati così brillanti?
«Proprio perché non era una serie ben scritta. Tranne il mio personaggio, alla cui stesura, all’epoca, ho partecipato anch’io, scrivendo addirittura di notte. Chi, come me, ha interpretato grandi testi per quarant’anni avrà un’idea di come si scrive. O no?».
Parliamo di End of thè Rainbow. Com’è la Judy Garland a cui hai dato volto e corpo a teatro?
«Tenera e magra come una canna al vento. Una donna che amava la musica, il mondo, il suo pubblico ma che, lontana dal palcoscenico, non ha ricevuto amore. È un’icona tragica, ma muore ridendo, ballando. Nella sua parabola di vita c’è quella di altre star fragili come Amy Winehouse, Edith Piaf o Whitney Houston. Lo dice bene Leonardo Sciascia nella scomparsa di Majorana (si riferisce a Ettore, il geniale fisico di cui si persero le tracce nel 1938): “Ci sono talenti che brillano come stelle e divorano il corpo stesso che li abita”. Quella che abbiamo deciso di rappresentare nello spettacolo è la bellezza del musical, fatto di lustrini e paillettes, ma anche la tragicità di quello che c’è dietro».
«Il pubblico è il mio primo amore»
Monica Guerritore ti somiglia la Garland?
«Forse in un unico aspetto: quello di considerare il pubblico come il primo e indimenticato amore. Un rapporto fatto di costante complicità e che mai conosce paura. In questa convinzione siamo molto simili».
Monica Guerritore, la Garland era una donna forte sulla scena, ma sola e fragilissima nella vita privata.
«Aveva un rapporto terribile con sua figlia Liza Min-nelli, così come lei lo aveva avuto con sua madre. Si tratta di una dinastia sfortunata di donne che si sono fatte male Luna con l’altra. La madre drogava Judy già a quindici anni e proprio in un passaggio dello spettacolo lei dice di aver visto l’immagine di sua madre specchiandosi: credeva di essersene liberata dopo la sua morte, invece era ancora lì a perseguitarla».
Nello studiare questo personaggio hai mai avuto la tentazione di giudicarlo?
«No, perché il mondo femminile è complesso e faticoso. In questi personaggi così grandi e al contempo così tragici come Judy Garland, come Madame Bovary, come la signora delle Camelie c’è sempre qualcosa di ognuna di noi. Per questo motivo amo interpretare donne dalle mille sfaccettature: belle, brutte, dure, tenerissime».
«Sono una obesa ricominciare»
Altri progetti lavorativi in vista Monica Guerritore?
«A partire dalla sceneggiatura del film Mariti e mogli di Woody Alien, con la sua personale autorizzazione, ho realizzato uno spettacolo teatrale che debutterà i primi di marzo a Pesaro, al teatro Rossini».
Un’ultima curiosità: come mai hai scelto di sfoggiare questa insolita capigliatura bionda?
«L’ho fatto in parte per lo spettacolo teatrale tratto dal film di Woody Alien, ma anche perché non voglio mai
rimanere ancorata troppo a lungo a qualcosa. Sono una che dimentica i successi e ricomincia daccapo. Ero stanca del colore nero, .così cupo, avevo voglia di concedermi qualcosa di nuovo e stravagante. Ho bisogno ogni tanto di cambiare, addirittura di dimenticare chi sono io, ricominciare».
Tratto da Vero
Rispondi