Scritto da Salvo Sottile per la rivista visto.
Vincenzo Sciuto è uno dei protagonisti di Cruel . Il mio nuovo romanzo. È un poliziotto con il sale in zucca che fa i conti con la crisi con i tacchi e che le indagini le risolve all’antica, fidandosi di una cosa preziosa quanto rara di questi tempi ossia l’intuito. Io ho dato il nome di mio nonno, il padre di mia madre e me lo sono immaginato con la sua faccia mentre insieme a un giornalista cerca di risolvere un mistero che come tutti i gialli vi terrà inchiodati al libro fino all’ultima pagina. Io dato il nome di mio nonno non a caso è stato un modo di dirgli grazie per tutto quello che ha insegnato, che mi ha lasciato, che mi ha tramandato. Faceva capo stazione in un piccolo paesino della Sicilia affacciato sul mare, c’è fa lo quando ero piccolo e i miei genitori lavoravano è lì che sono cresciuto con lui e mia nonna che mi hanno fatto da genitori adottivi.
Continua Salvo Sottile parlando delle sue origini
” Vivevamo in una casa sopra la stazione. Quando era di turno nonno Vincenzo ogni tanto mi portava con lui, li faceva indossare il suo cappello rosso e mi insegnava come si manovra uno scambio, come si faceva partire un treno. Tirava giù una leva e si abbassava un passaggio a livello, nei tirava su un’altra e iniziava a suonare la campanella che annunciava l’arrivo di un convoglio in stazione”
Salvo Sottile e gli anni meravigliosi con il nonno
Ho passato anni meravigliosi insieme a lui anni di spensieratezza dei grandi chiacchierate e di sogni. Vedevo quei treni che partivano verso il continente, sferragliavano con il loro vagoni pesanti e se ne andavano. E quando sparivano in fondo a una galleria sognavo di scappare con loro un giorno e di conoscere il Nord, questa cosa misteriosa che a me bambino cresciuto su un’isola sembrava affascinante e nello stesso tempo misteriosa che cosa c’è mi chiedevo sempre, oltre quella galleria? Di notte quando mio nonno dormiva, provavo la sua giacca con le mostrine della ferrovie dello Stato, prendevo in mano la sua paletta rossa e mi sentivo grande. Eravamo una famiglia modesta, con poche possibilità, ma il mi sentivo fortunato perché invece di giocare con i trenini giocavo con quelli veri. Se non avessi fatto il giornalista o lo scrittore avrei fatto il ferroviere. Mio nonno se ne è andato via troppo presto quando ancora ero ragazzino. La morte è arrivata senza dargli la possibilità di vedermi grande. Vado molto pochi in Sicilia, adesso, ma tutte le volte che torno in quel paesino dove ho trascorso gli anni dell’infanzia, con una scusa con un’altra passo sempre da quella stazione e cerco di vedere se mio nonno da qualche parte con il cappello rosso e fischietti in bocca a ricordarmi che la vita forse a volte è crudele, ma in fondo è tutta una questione di treni lasciati e persi.
Di Salvo Sottile
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