Io sapete che cosa è una Kovacs? Nel caso non frequentiate troppo le palestre, ve lo spiega l’olimpionico iridato, specialista della sbarra, Igor Cassina, 39 anni il prossimo 15 agosto, che, a cinque anni dal suo ritiro dalla ginnastica agonistica, ha molto da raccontare della sua nuova vita di preparatore atletico ed esperto nutrizionista assieme alla sua compagna. «È un movimento alla sbarra che consiste nell’eseguire due salti mortali con le gambe tese sopra l’attrezzo per poi impugnarlo nuovamente. Io già a 13 anni riuscivo a farlo. E in realtà, soltanto due atleti al mondo riuscivano e uno di questi era Kovacs, atleta ungherese che lo fece omologare negli anni Settanta». Una vera vertigine. Ma fermiamoci e torniamo indietro nel tempo. «Avevo 5 anni quando iniziai a praticare ginnastica. Mi piaceva saltare dappertutto, fare capriole e, dopo un intermezzo di judo, seguendo le orme di mia sorella, che praticava ginnastica artistica, dissi a me stesso: “Perché non farlo anch’io se 10 fa lei?”. E da lì iniziò la mia vita di ginnasta…».
«Ho capilo che potevo farcela»
Poi arrivò l’incontro in Tv con quello che diverrà
Il tuo grande mito, Dmitrij Bilozercev, ex ginnasta sovietico, tre ori olìmpici e otto mondiali, famoso per aver boicottato le Olimpiadi di Los Angeles del 1984.
«A 10 anni vidi in Tv i Mondiali di Rotterdam del 1987, poche settimane prima mi ero gravemente infortunato alla tibia, così ero molto demotivato e pensavo di mollare la ginnastica. Durante la telecronaca, il giornalista Rai iniziò a raccontare di Bilozercev, spiegando che, qualche mese prima, era rimasto coinvolto in un tremendo incidente automobilistico e aveva subito una decina di fratture alla gamba. I medici consideravano conclusa la stia carriera, ma lui,- contro ogni parere e con una grandissima forza di volontà, mesi dopo, era lì in pista con ancora la voglia di salire sul podio più alto, come poi avvenne. E in quel momento ho capito che potevo farcela anche io, come ce l’aveva fatta Dmi-trij, perché nessuna frattura alla tibia mi avrebbe fermato. Mio padre dal quel giorno mi chiama “Bilo”. come il diminutivo del cognome dell’olimpionico sovietico».
Sono ormai trascorsi dodici anni dalla tua medaglia d’oro alle Olimpiadi di Atene, Igor Cassina che cosa ricordi del momento della vittoria?
«In quegli attimi stavo realizzando un sogno per lungo tempo rincorso, ma non riuscivo in alcun modo a rendermene conto. Ciò che era reale per tutti, per me era irreale. Ed anche nei mesi successivi ho fatto fatica a realizzare di essere stato sul gradino più alto del podio, un momento che inseguivo fin dai miei 9 anni, quando sognavo di emulare i grandi campioni. Quando, poi, ho visto sul tabellone luminoso “Igor Cassina Gold Medal”, non ci ho creduto perché la mia strada per raggiungere quel meraviglioso obiettivo era stata lunga».
Oggi hai la consapevolezza di ciò che hai fatto per la ginnastica italiana?
«Sì e no, perché spesso, quando sono invitato ad alcune convention per parlare di sport e motivare i giovani a praticarlo, rivedendo il mio video della vittoria alla sbarra mi sembra di dover recitare la parte’di chi deve dire di aver vinto, ma crede il contrario. Poi, rivedo bene l’esercizio, capisco e mi ricordo qualche passaggio in più». Nonostante l’umiltà del campione Igor, conosciamo bene il suo palmarès di vittorie: oltre all’oro di Atene, ha vinto altre due medaglie d’oro alla Coppa del Mondo e altre due alle Gymnasiadi, raccogliendo anche quattro argenti e sei bronzi in tutta la sua carriera di ginnasta.
All’età di 13 anni eseguivi il Kovacs, poi hai omologato una “figura” tua.
«Sì, lo pensavo fin da quella età. Sapevo eseguire il Kovacs, ma volevo realizzarne una ancora più complessa e col mio nome. Grazie all’aiuto del mio allenatore (Franco Giorgetti, ndr) ci sono riuscito e ho avuto l’omologazione nel 2002 per quello che ora è “il movimento Cassina”». •
E in che cosa consiste rispetto al Kovacs?
«Si esegue sempre un doppio salto mortale sulle sbarre con le gambe tese e il corpo completamente teso, ma si aggiunge un avvitamento di 360 gradi sull’asse longitudinale per poi impugnare l’attrezzo».