Una vita, quella di Rita Dalla Chiesa, intensa e piena. Piena di amore, dato e ricevuto, piena di gioie che fanno battere il cuore, ma anche di dolori, di quelli che ti abbattono. Ma lei, anche nelle situazioni più difficili, ha sempre avuto la capacità di reagire, dimostrando una straordinaria forza d’animo. Oggi tutti questi accadimenti sono stati raccolti dalla conduttrice televisiva in una toccante autobiografia che si intitola Mi salvo da sola (Mondadori). Per dare il via al tour di presentazioni che la porterà in tutta Italia, Rita ha scelto Napoli e la prestigiosa rassegna Napoli Città Libro, che si è svolta di recente nella magnifica cornice di Castel Sant’Elmo.
«Per molto ho detto no a quest’idea»
Rita dalla Chiesa come mai hai deciso di mettere nero su bianco la tua esistenza?
«La casa editrice me lo chiedeva già da diverso tempo, ma io avevo rifiutato per ben due volte. Poi, durante un pranzo, qualcuno ha evidenziato come io, in più di un’occasione, fossi riuscita a rialzarmi e a rimettermi in piedi dopo momenti molto difficili. E io, d’istinto, ho detto di salvarmi da sola.
Ecco, in quel momento, la persona con cui parlavo ha subito capito che quello poteva essere il titolo giusto per la mia autobiografia. Però io non ero ancora del tutto sicura… Poi quest’estate, quando sono stata in Puglia, mentre guardavo mia figlia e mio nipote in spiaggia, mi è venuto istintivo aprire il computer e cominciare a scrivere. Da quel momento non mi sono più fermata. In tre mesi ho buttato giù tutto, evidentemente ne avevo bisogno».
E quando hai scritto la parola fine come ti sei sentita?
«Mentre scrivevo ho pianto spesso e anche quando l’ho riletto non ho potuto trattenere le lacrime».
«Ho iniziato a scrivere al mare»
La scrittura Rita dalla chiesa ha effetti terapeutici: è stato così anche per te?
«Scrivere un libro su se stessi è come andare in analisi. Occorre scavarsi dentro, sciogliere nodi ingarbugliati del proprio Io, ma anche riportare alla mente ricordi piacevoli ed episodi divertenti che avevamo riposto in qualche cassetto della nostra mente. Solo una vòlta in vita mia sono andata da una psicologa perché sentivo proprio di averne bisogno. Ho fatto un’unica seduta».
E come andò?
«Io piangevo nel raccontare le mie cose e la dottoressa piangeva appresso a me. Ho capito allora che non era il caso. Meglio scrivere un libro».
Hai parlato spesso di tuo padre, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Questa volta però però racconti anche di tua madre?
«Fino a oggi è come se avessi avuto un blocco…lei non parlo praticamente mai. Perderla in modo così improvviso è stato un trauma violento.
Non riesco a parlare di lei neppure con i miei fratelli. Se ne è andata troppo presto, aveva solo cinquantadue anni, lo l’avevo sentita al telefono nel primo pomeriggio e un’ora dopo non c’era più, stroncata da un infarto».
Ripensando a questa tragedia che immagini ti tornano in mente?
«Non dimenticherò mai il viaggio che ho fatto per andare a Torino. Mi fermavo in tutti gli autogrill e cercavo i gettoni per telefonare a casa e avere notizie di mamma. Non rispondeva nessuno e cominciavo a capire che era successo qualcosa di terribile. Non dimenticherò mai neppure M la spinta che mi diede una persona per entrare nella stanza dov’era mamma. E da allora che io non riesco a spingere nessuno e non sopporto che qualcuno lo faccia con me. Perché quella spinta mi mise di fronte a un dolore che ancora non sono riuscita a metabolizzare. Lei era una donna straordinaria: bella, colta, umile. Lei che stira in cucina e noi figli che facciamo i compiti accanto a lei: è questa una delle immagini più care della mia infanzia».
«Il mio bilancio è positivo»
Scrivere un’autobiografìa pone chi lo fa di fronte alla necessità di trarre un bilancio della propria vita. E tu che cosa hai capito scorrendo a ritroso le pagine della tua esistenza?
«Mi sono resa conto di essere felice per tutto quello che ho fatto. Certo, mi sarei evitata i drammi che hanno scandito la mia esistenza: penso, per esempio, alla scomparsa di mia madre, a quella di mio padre, a quella di Fabrizio (Frizzi, ndr) e a quella di mio genero. Però, anche se ho perso queste care persone, considero una grandissima fortuna e un vero privilegio averle conosciute e avute accanto a me. Ho provato anche tante gioie, immense gratificazioni, ci tengo a sottolinearlo. E ho compreso che nei momenti più complicati ho imparato a salvarmi sempre e comunque da sola».
tratto da Vero