E adesso direttamente da Visto questa bella intervista a Stefano Dionisi. Che dichiara
“il momento più difficile della mia giornata era il risveglio, aprivo gli occhi e venivo preso da una malinconia che m’inchiodava a letto, il sudore profondo provocato da i sogni ininterrotti mi bagnava tutto il corpo, e quel calore freddo mi faceva tremare sotto le lenzuola. La mia sensazione era che i giorni si seguissero uno dopo l’altro senza un vero senso, e che l’altalenarsi nella notte del giorno non fosse sufficiente a fare sorgere una nuova alba in cui finalmente avrei potuto godere di un po’ di pace”
Stefano Dionisi e la sua malattia la follia
se le ricorda bene Stefano Dionisi quelle giornate passate nei centri psichiatrici ore ore steso nel letto o davanti a una finestra sbarrata a combattere i mali che gli tormentavano l’anima. L’attore romano per quattordici anni ha sofferto infatti di disturbi psichici ossia depressione attacchi di panico instabilità. Un calvario attraverso cliniche pubbliche e private e che oggi racconta nel suo libro La barca dei folli di Mondadori. Non un romanzo né un volume di psichiatria, ma una sorta di memoria in cui l’attore che oggi ha quarantanove anni, che in questi giorni stiamo vedendo in l’onore e il rispetto cinque nella parte di Michael Albino, racconta gli anni passati a combatterla
“Le aggressioni , i miei sintomi contro la vita quotidiana, che continuavano a stremarmi”
a causa dei quali passa dai ricoveri nei reparti di psichiatria ai colloqui con gli psicologi al sollievo dato dagli psicofarmaci
“ogni anno aprivo un astuccio diviso in sette scomparti e assumevo con puntualità un totale di sette pillole e sessanta gocce “
quando tutto ha inizio Stefano Dionisi è già un attore famoso: ha lavorato con registi come Dario Argento, Pupi Avati, Francesca Archibugi. Ha vinto il David di Donatello per il Farinelli di Gerard Corbiau ha recitato con Marcello Mastroianni in Sostiene Pereira di Roberto Faenza e nel partigiano Johnny di Guido Chiesa. Alla carriera cinematografica si unisce quella televisiva: Dionisi ha recitato in molte fiction di successo come la piovra e il commissario Montalbano, da la Narcotici a il commissarrio Nardone. E lo vedremo nel duemilasedici in un medico in famiglia dieci.
Carriere successo però non placano il suo tormento interiore. Anzi è proprio durante le riprese in Spagna di Sant’Antonio di Padova che l’attore, in preda a un attacco di panico, lascia il sette e scappa via. Seguirà il primo ricovero in psichiatria e l’inizio del viaggio
“nell’inferno della malattia mental, chi entra in questo tunnel perde la misura del tempo. Di solito non ricorda nulla, a causa dei propri drammi e delle iniezioni giganti che vengono somministrate al primo segno di eccitazione”
eppure Stefano Dionisi è consapevole che ricoveri e le cure sono necessari per guarire
“il resto del mondo reale sembrava non comprendermi, mi rendevo perfettamente conto della necessità del nuovo recupero e non pensai ad altro. Volevo solo lasciare in sospeso per un mese la mia vita. Tra quelle mura sarei stato immediatamente compreso e accettato dai miei simili”
con chi come lui convive con questo male, Stefano Dionisi instaura un rapporto quasi fraterno e si mette in viaggio verso la salvezza
“quando sono arrivato in ospedale ho cercato immediatamente di amalgamarmi con gli altri malati. Pensavo che sarebbe stato più portante vivere in quelle giornate tra coloro che perseguivano il mio stesso scopo ossia guarire. Il mio status di attore non influenzava fatti rapporti con gli altri pazienti, gli unici a rimanerne colpiti erano semmai gli infermieri che magari avevano visto un paio dei miei film e mi chiedevano spesso come fosse finito la”
Da Visto. Per Approfondimenti Stefano Dionisi su Wikipedia