Questa musica – le ballate, il folk – ha bisogno di pratica: non nasce e non muore con noi, si inserisce in un discorso più ampio, deve dare spazio a voci che non hanno risonanza, ma che ne hanno nel cuore, perché ci appartengono profondamente. Non è disco di folk-revival, né un lavoro filologico, è un disco che attinge a un patrimonio che ci appartiene». Il patrimonio di cui parla Vinicio Capossela è quello del folklore italiano, che dal genere statunitense ha mutuato solo la forma – la ballata, appunto – e certe sonorità, declinate secondo la ricca tradizione sotterranea del nostro Paese.
Gli aggettivi ricorrenti
“Sotterraneo”, appunto, è uno degli aggettivi ricorrenti nell’eloquio del cantautore, che ha presentato il suo nuovo doppio album Canzoni della Cupa, in una location decisamente azzeccata. Nella penombra dell’elegante Albergo Diurno Venezia, storico centro servizi per viaggiatori degli anni Venti costruito in Piazzale Oberdan a Milano, ora patrimonio Fai, Capossela racconta di un altro patrimonio, altrettanto nascosto, quello che si potrebbe sintetizzare nella formula “Civiltà della terra”. Proprio Capossela, per introdurre il nuovo album, che arriva cinque anni dopo il disco di inediti Rebetiko Gymnastas e meno di un anno dopo il romanzo lì paese dei Coppoioni, ricorre all’analogia con l’Albergo Diurno Venezia:
«Il lavoro di Canzoni della Cupa non è molto diverso da questo luogo, giacimento di cultura della terra. La terra è custode di una civiltà millenaria che portiamo dentro e che ci regala esperienza di bellezza e inquietudine». Canzoni delta Cupa è un disco iniziato tredici anni fa, con più sessioni di registrazioni – prima, nel settembre del 2003, tra Cabras (nel golfo di Otranto) e Calitri, paese d’origine del padre di Vinicio Capossela; una seconda, avvenuta undici anni dopo, in vari luoghi, anche «fiori frontiera», Stati Uniti compresi.
La suggestione del lupo mannaro Vinicio Caposella
Oltre alla ”terra” e al concetto di “sotterraneo”, nell’identità di Capossela c’è anche quello di “frontiera”, che lo porta ad associare la «natura polverosa» di Cabras e delle terre dell’Irpinia a un certo paesaggio western, che conferisce alla sua musica quella «connotazione paesaggistica» e sonora del folk che, racconta, l’ha sempre attratto: «Non il nostro folk, quanto quello di Bob Dylan e degli altri maestri della tradizione. Ho cercato una chiave di accesso per raccontare in quella forma di ballata qualcosa che conoscevo da vicino». La prima chiave di accesso porta il nome di Matteo Salvatore, «cantore vivente che con chitarra e voce, nella sua lingua (il dialetto di Apricena, ndr) ha estratto le storie della sua terra».
Altra chiave di accesso è stato il recupero di quella tradizione, chiamata “cumversazione”, del canto corale di Calitri: si uniscono le voci «per cantare quel patrimonio stratificato di sonetti, durante un simposio in cui si elabora la storia della comunità, dalle serenate d’amore alle canzoni di giustizia, ai cori militari». Così si spiega Canzoni della Cupa, un disco di ventinove canzoni, «in due parti, si è sviluppato in due stagioni di registrazione. Due annate distanti tra loro più di un decennio perché i rovi s’ispessissero e mettessero più a fondo radici. Perché quella Polvere generasse l’Ombra». “Polvere”, quella parte derivante dalla “lezione di Salvatore” e “Ombra”, appunto, che raccoglie le canzoni più «autorali, con archetipi più arcaici, ispirati al mito, come le creature della Cupa, per esempio il Pumminale…» (il lupo mannaro, ndr).
La bipartizione dell’album scandisce anche le due tranche del tour di Vinicio Capossela:
«Le canzoni che affondane solchi di questo doppio t sono canzoni forti e con come le radici. Il concerto ne ricaveremo sarà un coni radicale, nei timbri, nel rep rio e nella formazione. Do è il disco e doppio il conc All’aria aperta, nella staj calda, il concerto denom “Polvere”. Nel chiuso dei t nell’autunno, il concerto c minato “Ombra”. La sosi della Polvere sarà di timbr ti che uniscano in forma di dri, anzi di stasimi, come tragedia greca, i blocchi c è costituita la materia em del concerto: e cioè Lare il folk la serenata, la balk frontiera, la fìesta y feria mitoloszia».