Negli ultimi anni lo abbiamo apprezzato in numerose fiction televisive, ma ora Kaspar Capparoni è tornato al suo primo amore: il teatro. Sarà infatti tra i grandi protagonisti del cartellone del Teatro Eliseo di Roma della prossima stagione con lo spettacolo Cosmetica del nemico.
Con quali emozioni affronti il tuo ritorno al teatro?
«Mancavo dal 2003, dopo aver recitato a teatro per trent’anni. Devo ammettere che non ci si abitua mai alle emozioni che è in grado di regalare! Le immagini che immediatamente mi sono tornate alla mente sono due: quella di Metti una sera a cena e quella del suo regista. Patroni Griffi (scomparso nel 2005, ndr), la cui camera ardente era stata allestita proprio all’Eliseo, il “suo” teatro. Ecco perché è stato duro tornare nel luogo in cui ho lavorato con lui».
«Un viaggio nel male assoluto»
Kaspar Capparoni perché sei stato così tanto tempo lontano dalle tavole del palcoscenico?
«E stata una mia scelta, ragionata e consapevole. Credevo che non avrei avuto più a che fare con il mondo teatrale. Questo perché avere avuto la possibilità di lavorare con Giuseppe Patroni Griffi significa aver viaggiato ai massimi livelli. Ma evidentemente, era destino che io tornassi proprio al Teatro Eliseo, dove con lui ho fatto Metti una sera a cena, appunto. Adesso che sono coinvolto in questo nuovo progetto, mi ci sto dedicando con grande entusiasmo e con passione».
Kaspar Capparoni ci dai qualche anticipazione sullo spettacolo, diretto da Chiara Noschese?
«È una black comedy, un romanzo adattato al teatro. È un viaggio attraverso il male assoluto e il dolore raccontato a partire dall’incontro tra due uomini. Il tutto presentato, però, in una chiave ironica. Sono consapevole che non sia un genere molto facile da realizzare, perché si passa continuamente da un registro all’altro, ma speriamo che il risultato finale sia positivo, che il pubblico venga a vederci numeroso e che alla fine dello spettacolo esca dal teatro soddisfatto».
«Sono un tipo che ritiene molto»
Nella tua vita, come ti misuri con il dolore? Come lo affronti?
«Esiste il dolore cosciente e quello incosciente. Quest’ultimo è quello che ti logora dentro, non lo percepisci immediatamente, ma alla lunga può trasformarti in un perdente e distruggerti. Può, però, anche permetterti di costruire una corazza per affrontare al meglio la sofferenza stessa. Sono una persona che riflette molto e cerco di affrontare in questo modo tutto quello che mi accade, dolori compresi. Nessuno è esente dal dolore, però bisogna saperlo trasformare in “altro”. Forse, se avessi vissuto una vita tranquilla e senza sofferenza. oggi non potrei nemmeno fare questo mestiere, non avrei gli strumenti per interpretare i sentimenti».
Kaspar Capparoni oggi chi ti regala le gioie più grandi?
«La mia famiglia, che è la mia isola felice».
Quattro figli sono un bell’impegno, però magari punti alla cinquina…
«No, non avrei né il tempo né i mezzi economici per far fronte a un altro figlio. Anzi, per fare una battuta, dovrei ricevere un incentivo statale per il merito di aver messo al mondo quattro figli (rìde)».
Kaspar Capparoni Con quali sentimenti guardi al loro futuro?
«Hanno un’età tra i 23 e i tre anni. Naturalmente il loro futuro mi preoccupa».
Qualcuno dei tuoi figli vorrebbe seguire le tue orme?
«Credo Alessandro. Ho scoperto che gli piace molto stare sul palco. L’ho visto ballare e sono rimasto colpito dal suo talento».
«Mio figlio balla e si impegna molto»
Kaspar Capparoni Quindi lo stai incoraggiando in questa direzione?
«Sì, anche perché si impegna tantissimo. Balla con una compagnia molto quotata a livello europeo e si allena almeno quattro ore al giorno. Gli auguro di raccogliere grandi soddisfazioni».
Kaspar Capparoni tu e tua moglie Veronica siete una delle coppie più collaudate del mondo dello spettacolo. Che bilancio tracci della vostra storia?
«Assolutamente ottimo. Stiamo insieme da dodici anni e non c’è giorno in cui io non ringrazi la sua intelligenza. La prima volta che ci siamo incontrati aveva soltanto diciannove anni, eppure quello che mi colpì, oltre alla sua bellezza, era la sua disarmante maturità. In lei avevo riscontrato caratteristiche davvero positive. Nonostante la sua giovane età, infatti, entrò nella mìa vita accettandone ogni aspetto, privato e professionale. Insomma, la mia Veronica è proprio una grande donna».
Tratto da VERO