E adesso da Vero questa bella intervista a Rocco Siffredi. La gente ha un’immagine di me come di una super-macchina. E posso esserlo davvero davanti alla videocamera. Ma qui (nel documentario sulla sua vita, ndr) per la prima volta, mi si può vedere completamente a nudo. E devo ammettere che per me è decisamente più difficile mettermi a nudo così, che apparire senza vestiti sul set per girare una scena hard. Non è lo stesso modo di scoprirsi».
Un incontro gli ha cambiato la vita
A cinquantadue anni Rocco Siffredi ha deciso di mettersi a nudo, in tutti i sensi. Non ha certo bisogno di presentazioni, Siffredi è il re del porno italiano e intemazionale. Attore, produttore (con la sua Rocco Siffredi Production) e regista di film hard, nella sua vita ha collezionato premi e successi. Ma la carriera di un pornoattore non è tutta sesso, droga e rock’n roll. E cosi, a più di trentanni da quell’incontro a Parigi che gli ha cambiato la vita (con Gabriel Pomello, protagonista della scena pomo parigina degli anni Ottanta), Rocco ha raccontato i lati più oscuri, personali e malinconici.
Noi lo abbiamo incontrato al Lucca Comics&Games, dove è andato a presentare il documentario sulla sua vita, Rocco.Diretto dai francesi Thierry Demaizière e Alban Teurlai, (scelti «perché sono francesi. Non volevo mettermi nelle mani di un regista italiano. Noi italiani abbiamo dei problemi con il sesso. Qui in Italia è ancora un tabù, e il porno è visto solo in maniera negativa»), il film racconta le difficoltà di un pornoattore,
il senso di colpa di un padre e marito. Sposato da più di vent’anni con l’ex collega Rózsa Tassi, Rocco ha due figli di venti e diciassette anni, e vive da più di quindici anni a Budapest.
«Sono una persona sensibile»
Uno dei primi pensieri è proprio per la moglie.
«Nel mio film c’è anche il senso di colpa con cui convivo da anni. Mia moglie dice di essere abituata al mio lavoro, ma io so che non è così. Ha dovuto rinunciare a tanto, e io lo percepisco. La mattina uscivo di casa, dopo averla salutata con un bacio, e tornavo la sera dopo aver fatto sesso per tutta la giornata con delle ragazze bellissime. E lei mi aveva anche preparato la cena. Tutto questo, ripetuto per venticinque anni, non può non farti male. Per questo a un certo punto ho detto “smetto”.»
Hai già detto Rocco Siffredi che in Italia il sesso è un tabù, credi che il senso di colpa sia dovuto al tuo essere italiano?
«Credo sia dovuto al fatt che sono una persona sensibile. Fossi stato più insensibile me ne sarei semplicemente fregato. Invece io mi metto sempre nei panni delle perse ne che mi stanno intorno. Ne caso di mia moglie mi son chiesto: “Come avrei sop portato tutto questo, al su posto?”. Poi credo sia anche una questione di educazione L’uomo è un animale, non c’è nulla di male a provare piacere, a tutti piace il sesso. Invece in Italia si fa finta di nulla, si prendono le distanze da questo tipo di atteggiamenti».
Nel documentario parli anche del diavolo…Rocco Siffredi Perché questa scelta?
«Quando avevo sei anni ho iniziato a sognare il diavolo. Mio fratello era morto e io ho dovuto convivere con il dolore non solo mio, ma anche e soprattutto di mia madre. In quel periodo è come se avessi iniziato a invocare il demonio, lo sognavo e lui mi ricattava, mi diceva: “Dammi la tua anima e farò stare meglio tua madre”.
Come ti sei avvicinato al porno Rocco Siffredi?
Ho iniziato con i giomali i fumetti. Ero fissato con person (fotoromanzi pornografici degli anni Settanta r), un giornaletto in bianco e nero a puntate. È stato incontro folgorante. Poi, me tutti in quegli anni senza Intemet, cercavo ai bordi delle strade qualche giornaletto gettato dai finestrini i camionisti di passaggio, li trovavo strappavo dalle pagine e le appendevo cantina. . Passavo con loro tutto il mio tempo. Una volta dovettero portarmi in ospedale. Avevo esagerato con la masturbazione.
Tu sei anche regista di hard. Rocco Siffredi Come è cambiato il mondo del porno?
«Negli anni è molto cambiato. Quando ho iniziato io c’eri solo tu e la tua prestazione. Ora ci sono delle vere e proprie droghe. Oltre il Viagra, per gli attori ci sono punture che allungano la performance. Ma se manca la connessione con l’attrice non vale nulla. È tutta una questione di sguardi. Io sono un romantico».
Come è stato girare il documentario Rocco Siffredi ?
«Non è stato semplice, sono stati due anni di duro lavoro. ma è stata un po’ la mia terapia. Non sono mai andato dallo psicologo perché ho la testa dura, ma questa esperienza mi è servita a stare meglio. La parte più complessa forse è stato rivederlo, dopo otto minuti di film ho dovuto interrompere, i registi credevano fossi andato in bagno a vomitare, in realtà ero solo molto agitato. In ogni caso quando abbiamo finito tutto, mi sono detto: “Tua madre non vuole più vederti soffrire, ora relax!”».
da Vero