Parlando con lui Gianluigi Nuzzi, a tutto tondo, di cronaca, vicende private e ambizioni giovanili, emerge un lato umano inedito, emozionale. Articolo tratto da Vero TV Gianluigi Nuzzi è pronto a ripartire da venerdì 9 settembre, in prima serata, con la nuova stagione di Quarto Grado, il programma di approfondimento giornalistico dedicato a casi irrisolti – quelli che in America definiscono i “cold case” – e processi che scuotono l’opinione pubblica. Nel frattempo, quando non è impegnato a preparare le nuove puntate, si gode gli ultimi giorni di vacanza con la sua famiglia. È sposato e ha due figli, di 6 e 9 anni.
«Da padre, ogni volta che, in trasmissione, si affrontano certe storie di bambini, ti si spegne il cuore».
Prima di approdare in Tv a occuparsi di delitti e investigazioni, per anni Gianluigi Nuzzi ha scritto su periodici di attualità e quotidiani. E – vi stupirà – ha iniziato la sua carriera a 14 anni come collaboratore di Topolino.
«Facevo parte di un movimento ecologista e ho contattato la direzione del fumetto perché mi sarebbe piaciuto che trattasse anche temi legati all’ambiente. Mi fu proposto di occuparmene io stesso. Fu uno splendido regalo. Non avrei mai detto che avrei fatto televisione, non avrei mai pensato di pubblicare libri. Sapevo solo che volevo fare il giornalista».
Gianluigi Nuzzi, questa stagione di Quarto Grado,
che ti vede ancora al timone con Alessandra Viero, taglierà il traguardo delle 250 puntate dalla prima messa in onda. Cambierà qualcosa nella formula?
«Ci sarà qualche novità. La prima è quella che abbiamo chiamato la “social room”: in studio ci sarà uno spazio ad hoc per incentivare l’interazione con il pubblico, per rendere il ritmo più dinamico. I nostri spettatori, ci tengo a sottolinearlo, sono particolarmente partecipi non “al”, ma “nel” programma. Più del 30 per cento dei nostri servizi nasce anche grazie al contributo di coloro che, durante la settimana, ci scrivono e interagiscono con noi. Accanto alla parte di commenti e segnalazioni sui social, ci sarà anche un filo diretto telefonico con i nostri esperti, ospiti fissi del programma: l’ex comandante dei RIS Luciano Garofano, lo psichiatra Alessandro Meluz-zi. il criminologo Massimo Picozzi, oltre ai giornalisti Carmelo Abbate, Grazia Lon-go e Sabrina Scampini».
«I nostri inviati sono importanti»»
E lo studio?
«E stata un po’ modificata la scenografia. Prima, quando si passava a trattare aspetti scientifici legati all’attività investigativa, c’era un lungo percorso da compiere dallo studio a un altro ambiente. Adesso il passaggio sarà più corto, anche per velocizzare la narrazione».
Quali sono i casi di punta da cui partirete Gianluigi Nuzzi a Quarto Grado?
«Quest’estate abbiamo lavorato sulla morte di Marco Vannini: finalmente siamo arrivati a un processo, molto difficile, dove, da una parte, c’è un’intera famiglia accusata di aver ucciso il ragazzo, e dall’altra ci sono due genitori che sono in trincea per arrivare alla verità sulla scomparsa del figlio. Poi il duplice omicidio di Teresa Costanza e di Trifone Ragone, anche questo molto complesso, dove il movente è ancora poco definito. Infine, la storia del piccolo Loris Stivai».
Quanto è importante non far cadere certe vicende nel dimenticatoio?
«Basta vedere gli occhi di certe madri per capire che è impossibile scordarsi di determinati fatti. È necessario non mollare e continuare a fare chiarezza. Il faro dell’attenzione deve rimanere sempre acceso. Spesso la presenza dei nostri inviati sul territorio spinge gli inquirenti a riprendere ricerche interrotte e a indagare su più fronti».
Tratterete anche altri tipi di storie noir?
«Sì. Lo scorso anno, quando ce ne siamo occupati, è stata una scelta apprezzata dal pubblico. Penso, per esempio, alla morte del manager David Rossi, precipitato nel vuoto da una finestra del suo ufficio in banca, che ha interessato molti spettatori».
Quanto conta il carisma del conduttore e quanto una squadra vincente?
«Credo che Quarto Grado sia prima di tutto il frutto di una squadra,- un concetto su cui ho insistito molto fin dall’inizio, non il lavoro di un solista. Poi, certamente, il conduttore è una figura Centrale. E, come tale, è importante che abbia una sua credibilità. Noi non facciamo show, non facciamo nemmeno talk: gli esperti sono chiamati a dare opinioni professionali in base alle loro competenze. Noi facciamo informazione».
Un’autorevolezza che paga non solo per gli ascolti. Hai ricevuto molta solidarietà quando, nei mesi scorsi, sei stato messo a processo dalle autorità vaticane per il libro-inchiesta Via Crucis.
«Il pubblico mi ha sostenuto in ogni modo. Più volte mi sono commosso. Però abbiamo portato a casa un risultato
importante, l’affermazione del principio della libertà di stampa nel nostro Paese. Quell’assoluzione in nome di papa Francesco è una delle pagine più importanti della mia vita. Sono stati momenti complicati. Ma non sono uno abituato a piangersi addosso. Ho un mio personale pudore. Inoltre, sono stato supportato dalla mia famiglia. Non mi ritengo nemmeno un eroe. Dico solo: non toccatemi i miei libri! Se si sbaglia, e, in questo lavoro può capitare, si pone rimedio. Ma non era quello il caso».
Articolo su Gianluigi Nuzzi dedicato da Vero TV
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