Articolo dedicato a Alessia Mesiano da Vero. Quando si pensa alla boxe femminile, a molti viene in mente il bellissimo film di Clint Eastwood in Bollar Baby, vincitore di quattro premi Oscar, in cui la protagonista Maggie Fitzgerald, interpretata da Hilary Swank, è l’unica ragazza ad allenarsi in una palestra frequentata da uomini.
Le tesserate sono raddoppiate
In realtà, negli ultimi tempi lo scenario è decisamente cambiato. Per quel che concerne l’Italia, i numeri fotografano bene la situazione: in quattro anni il numero delle atlete tesserate che praticano la boxe a livello agonistico è più o meno raddoppiato, passando da circa quattrocento a ottocento. E questa è solo la punta di un iceberg che ha alla base tante donne e ragazze che si cimentano nel pugilato in palestra senza velleità agonistiche.
«A essere in notevole espansione è tutto lo sport “in ròsa’’»,
spiega a Vero Emanuele Renzini, responsabile tecnico della Nazionale italiana femminile di pugilato,
«il Coni ci punta molto ed è seguito a ruota dalle singole federazioni».
La “storia” della boxe femminile è iniziata soltanto nel 2001, quando è stato concesso alle donne di salire sul ring. Se prima di allora il pugilato era considerato uno sport indicato solo ai “gladiatori”, da quel momento l’opinione pubblica ha iniziato a percepirlo come un’attività a cui tutti possono avvicinarsi, sebbene a diversi livelli. «Proprio nel 2001 la Federazione Pugilistica Italiana ha tesserato le prime trenta atlete, tra cui Simona Galassi, che prima di diventare professionista, conquistando diverse cinture, ha vinto tre titoli mondiali, tra cui il primo in assoluto a essere messo in palio
ricorda Renzini. Che osserva:
«In palestra, le donne sono più determinate nel volersi affermare rispetto agli uomini, che invece, spesso, hanno un approccio meno professionale a questo sport. Una ragazza che si appassiona alla boxe si allena con grande serietà e costanza. Ciò può dipendere fatto che le donne voglia ritagliarsi il proprio spazio un mondo che storicamente sempre stato maschile».
E di determinazione ne da vendere Alessia Mesi: 25 anni, neo campioni mondiale nella categoria chilogrammi, che ha ripoi in Italia un titolo che ma: va da ben undici anni.
«Sono entrata per la prima volta in palestra di boxe quando avevo 18 anni. L’ho fatto per curiosità, ma mi sono subito innamorata di questo sport»,
ci racconta.
«I miei genitori erano contrari»
«Spinta dai maestri, dagli amici e dai compagni di allenamento, dopo circa un anno ho disputato il mio primo incontro»
, ricorda Alessia.
«Come è facilmente immaginabile, mia mamma era contraria e mio padre perplesso rispetto alla mia decisione di praticare il pugilato. Dopo un po’, però, mia madre si è rassegnata e papà, appassionato di sport, ha iniziato a seguirmi con grande interesse. Oggi, sono entrambi * contenti di quello che faccio».
Da tre anni Alessia fa parte della Nazionale e si allena insieme al gruppo delle ragazze di Renzini.
«Quando ho cominciato in palestra eravamo due o tre donne su un totale di circa venti pugili. Il mio impegno durante gli allenamenti, e l’amicizia che mi legava a qualche ragazzo, hanno fatto si che fossi sempre trattata bene, esattamente come gli altri».
Praticare la boxe di professione significa rinunciare alla propria femminilità?
«È importante distinguere la vita in palestra da quella fuori dal cominciato in palestra eravamo due o tre donne su un totale di circa venti pugili. Il mio impegno durante gli allenamenti, e l’amicizia che mi legava a qualche ragazzo, hanno fatto si che fossi sempre trattata bene, esattamente come gli altri». Praticare la boxe di professione significa rinunciare alla propria femminilità? «È importante distinguere la vita in palestra da quella fuori dalla palestra»
risponde senza esitazione Alessia.
«Quando mi alleno mi impegno sempre al massimo, però quando tolgo i guantoni mi prendo cura di me stessa: se esco, mi piace indossare le scarpe con i tacchi e truccarmi. Purtroppo, però, il tempo libero a disposizione di noi atlete della Nazionale non è motto: personalmente, mi piace impiegarlo per andare al mare, divertirmi in discoteca e leggere».
Articolo tratto da Vero e dedicato alla campionessa Alessia Mesiano