Adesso facciamo quello che in gergo si chiama off topic ossia andiamo fuori tema e non vi parliamo di uomini e donne né di amici o grande fratello, ma oggi in questa giornata della Santa Pasqua vogliamo affrontare anche qualche argomento più impegnativo e parliamo di Andrea Delogu, una giovane scrittrice che ha raccontato la sua incredibile esperienza a San Patrignano luogo nel quale ha trascorso la sua infanzia con la madre e il padre che si trovavano in quel posto in cura, ma poi i genitori hanno deciso di andarsene da quel luogo in quanto non accettavano più alcuni metodi del posto. E leggiamo direttamente dalla rivista visto.
“Successe appena uscito dalla comunità. Di pomeriggio. Quando la mamma per la prima volta nella mia vita mi chiese cosa volessi per merenda. Lo so che per tutti è un dettaglio cui nemmeno si presta attenzione. Ma per me che non avevo mai potuto scegliere e che mi ero mangiata sempre comunque la stessa merenda degli altri senza nemmeno sapere che mi poteva esistere un’altra, fu una gioia indescrivibile. Fu così che mi accorsi che il mondo era diverso da quello che conoscevo.”
Avevo dieci anni ne sono passati altri ventidue prima che Andrea Delogu raccontasse in un romanzo quella che è stata sostanzialmente la sua infanzia: una bimba nata e cresciuta per un decennio in una comunità. Nella realtà di San Patrignano, la più famosa discussa comunità per il recupero dei tossicodipendenti fondata da Vincenzo Muccioli. Andrea racconta la sua storia nel romanzo la collina scritta a quattro mani con Andrea Cedrola
“a dire la verità la mia fu un’infanzia bellissima. I miei genitori si erano conosciuti a San Patrignano molto giovani, quando la comunità era ancora agli albori. A parte la scuola, in esterno tutto il resto del giorno lo passavamo correndo libera, andando a giocare nelle stalle, con i cavalli e le mucche. Mangiavo in mensa eravamo duemila. Non sapevo cosa volesse dire il pericolo di attraversare una strada, il portarsi dietro le chiavi di casa. Neppure scegliere. Certo, qualche volta vedevo qualcuno dei grandi con dei lividi. Ma non mi interrogavo sul perché. Solo quando iniziarono i processi, e io avevo quattordici anni cominciai a capire che non tutto era quello che appariva”
no. In mezzo a miriadi di ragazzi salvati dalle crisi d’astinenza, rimasero alcune ombre sui metodi usati per liberare i giovani dalla droga. Di fatto, nella comunità più di qualcuno si suicidò. Qualcuno morì, ma non di droga. Gli anni ottanta erano stati degli anni dell’eroina, delle siringhe ad ogni angolo di strada. Di persone ridotte a zombie, pronti a qualsiasi cosa pur di procurarsi una dose. Nessuno all’inizio sapeva come uscire da una piaga che affliggeva l’Italia intera:
“Muccioli agiva distinto. Non c’erano esperti del settore, perché l’eroina era nuova. Lui ti dava una casa, un lavoro, un alloggio. E nessuno sapeva mai quanto sarebbe durata la cura. Quello che poteva accadere ai grandi di noi piccoli nemmeno lo intuiva”
ma poi Andrea si è informata ha raccolto articoli di giornali, libri, atti dei processi e soprattutto ascoltato testimonianze.
“C’è anche un sito Internet che racconta alcune storie La mappa perduta. com”
Quindi è stato tutto un ripensare a cosa e come scrivere
“mi dicevo sempre a chi vuoi che interessi la storia di una bimba cresciuta San Patrignano? Finché non ho incontrato lo sceneggiatore Andrea Cedrola”. Abbiamo così decide di scrivere un romanzo che fosse solo ispirato alla comunità e che non rispecchia del gusto quello che è accaduto in realtà, per dare più spazio alla narrativa”
Nonostante questo il libro ha scatenato le ire di Andrea il figlio di Muccioli che l’ha attaccata pubblicamente da Facebook dicembre
“il luogo che viene descritto non è la San Patrignano in cui sono cresciuto, ho amato, ho lottato, sofferto, riso costruito tanto, a fianco di tanti ragazzi e famiglie. L’uomo che vi raccontato non è certamente Vincenzo Muccioli. Mio padre aveva tanti pregi tanti difetti ma era un uomo buono e giusto, con una generosità straordinaria che gli proveniva dal rispetto per la vita e per l’uomo”
viene da chiedersi come la piccola Andrea Delogu vedesse Vincenzo Muccioli
“lo consideravo il padre di tutti. Decideva ogni cosa. Ogni tanto capitava che in un piazzale della comunità, parlasse al microfono dell’errore commesso da qualcuno. Egli tirasse dei ceffoni davanti a tutti. Ma pensavo fosse normale. E che certamente quei ceffoni il tizio se li meritasse.”
Ma ai processi verrà fuori altro su quanto accadeva all’interno della comunità
“persone incatenate alla macelleria, nel canile, nella piccionaia, in pellicceria. Punizioni pesanti violenze “
fu per questo, dice che suo padre e sua madre decisero di portarla via da quel luogo
“La mamma era più ribelle, papà però era l’autista di Muccioli, il suo uomo di fiducia. Quando ritiene di non potere più resistere e andammo via fu lui a registrare le conversazioni poi portate al processo”
già il padre di Andrea Delogu fu uno dei grandi accusatori del fondatore di San Patrignano. Ma perché non se ne andò via prima!
“Bisognerebbe capire come vivere in una comunità. Lì tu avevi tutto cibo, un tetto, un lavoro, tranne i soldi”
Intervista attratta dalla rivista visto